La griglia non è aliena all’attuale boom dell’alta cucina. In un periodo gastronomico chiaramente anticonformista, agli albori del terzo millennio, in cui innovare e perfezionare marca la differenza tra essere e non essere, il più arcaico e primario dei piatti, l’arrosto sulla fiamma, prende parte ai grandi principi di quest’epoca d’oro che stiamo attraversando, e che non avremo mai sognato.
Come un Adrià e un Berasategui, s’innalzano i nomi di Pedro Arregui e Víctor Arguinzoniz, che hanno incorporato nuovi piatti alla brace. Nel caso del ristorante Elkano, di Getaria (Guipúzcoa), con una leggendaria traiettoria di oltre 40 anni, in cui spicca per virtuosismo il rombo, si devono segnalare anche la nuca di merluzzo, le vongole veraci e, recentemente, le kokotxas (gole di merluzzo) e i moscardini.
La sua evoluzione ha comportato l’adeguamento degli strumenti che permettessero il trattamento di questi ingredienti sul carbone, “pesciaiole di nuovo conio”. Nel caso dei cefalopodi, due piccole griglie parallele e piatte, con un centimetro di separazione tra l’una e l’altra e fissate dal lato opposto al manico. Si colloca l’ordigno in prossimità della brace, a circa dieci centimetri di distanza e a fuoco vivo, poiché ad essere vivande di volume ridotto richiedono un colpo di calore e un’aromatizzazione esterna, con appena una filtrazione di temperatura all’interno delle carni.
Le dimensioni dei moscardini dipenderanno dall’epoca e dal mercato. Se è possibile scegliere, sono migliori quelli da mangiare in due bocconi, di circa sei o sette centimetri. Se ciò non fosse possibile, si dovranno cercare quelli un po’ più grandicelli, da mangiare in tre o quattro bocconi, più saporiti e consistenti di quelli minuscoli, infinitamente più appetitosi e di maggiore etica ecologica, che superano i due minuti per lato al calore della legna di quercia, in totale quattro minuti, secondo i fattori citati. Sono accompagnati da una salsa nera elaborata con cipolla, aglio, calamari grandi e il loro inchiostro.