Che nessuno se ne abbia a male: potrà sembrare un’esagerazione; magari molti non ci vorranno credere. Ma Ferran Adrià è capace di immaginare, anzi, di creare ogni anno più piatti, e migliori, di tutti i cuochi del mondo messi assieme. Un’affermazione audace, forse, con la quale tuttavia non s’intende snobbare nessuno, ma solo proclamare la grandezza mentale del più visionario dei cuochi, non dico del momento, ma proprio di tutta la storia. Perché ogni anno Adrià rinnova il repertorio da cima a fondo: più di cento proposte a sviluppare quattro o cinque concetti e tecniche su cui si impernia il lavoro dell’annata. Partendo da questa base, eccolo che mette e toglie, sopprime e aggiunge, mescola, combina... offre diversi sapori, connubi, consistenze, colori, forme... non conosce limiti. Come in questo suo giardino gastronomico, che ci regala un nuovo mondo di saporite fragranze.
Ferran espone in questa occasione dodici o quattordici fiori, con tutta la bellezza che ciò comporta. Ogni fiore dev’essere assaporato lentamente, staccato dagli altri. Si tratta di percepire aromi e sapori freschi e profumati che destano curiosissime sensazioni. Il commensale vola di fiore in fiore, come un’ape, guidato dal filo rosso di un’aria di miele al rosmarino caramellato, che addolcisce etereo e sottile le diverse esperienze. Sulla base del piatto vi è un’ultima invisibile sorpresa, più densa, più consistente, anch’essa dolce ma con un tocco di amarognolo: pistacchi in diverse presentazioni. L’unica conclusione possibile è che siamo di fronte ad una formula geniale. Non si sa bene se si tratti di un’insalata che sembra un dessert o di un dessert servito come un piatto salato. Forse, più semplicemente, una tale eccelsa simbiosi rende impossibile discernere ciò che va al di là dell’intelligibile.