L´Atelier de Jean-Luc Rabanel
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- Tempura
- Sable
- Gazpacho
- Nomen
- Ravioli
- Jarrete
Un visionario. Un precursore del suo tempo. Un uomo, un bohémien che si è riprospettato sociologicamente il ristorante e il cibo. Crede nella democratizzazione della gastronomia. Tant’è vero che ha rotto, per quanto concerne l’ambientazione, la cornice, con la sontuosità signorile francese ed ha optato per un locale funzionale, con un certo fascino e a prezzo accessibile. È convinto che non c’è nessun affare, né futuro, se non si aprono le sale da pranzo alla gente. Questo è il suo pensiero, questa è la sua pratica, che è applicabile al piatto. Piatti che emanano valori di progresso.
Davanti a voi, una delle cucine verdi più importanti del mondo. L’artefice: Jean-Luc Rabanel. Un GENIO, ripetiamo, un GENIO che ha saputo creare uno stile di rottura che non ha punti di riferimento, né di paragone. Formule magiche quasi senza frutti di mare, senza pesce e senza carne che, quando compaiono, lo fanno solo in un ruolo testimoniale o secondario. E senza questi apprezzati elementi riesce sempre ad emozionare a livello intellettuale e sapido. Sapori puri, estremamente naturali, profondi, che rallegrano il palato. Le erbe aromatiche, che si prodigano ininterrottamente, le spezie, i fiori, la frutta secca, i brodi, le salse, i condimenti e, come no, la selezione dei vegetali, sempre della massima qualità, sempre esultanti di freschezza, favoriscono la pienezza. La campagna non si è mai mostrata così frondosa, così appetitosa e così variopinta. Ogni formula racchiude la maggiore delle fantasie senza assolutamente togliere lustro alla natura; anzi, al contrario, la potenzia e la rivaluta. E non è facile ottenerlo, perché ci sono molte riflessioni e molto lavoro dietro ogni costruzione che, per complicata e complessa che risulti, e lo sono, viene sempre risolta con un equilibrio inaudito e incrollabile, che denota chiaramente le qualità dello chef e lo sforzo che s’impone giorno per giorno. Se mentalmente ci troviamo davanti ad una cucina eccellente, indubbiamente le materializzazioni raggiungono l’ottimo. La solidezza professionale si colloca al disopra delle circostanze... stupefacente. La dote del gusto è onnipresente, come anche l'estrema purezza e raffinatezza. Infallibilità, riflessione, immaginazione,... uno non riesce a credersi tanta e così sensata creatività. “Una vera rivoluzione. Completamente nuovo. Impattante”, sono pensieri che fanno leccare continuamente i baffi al commensale Sissignori! ecco qui una culinaria d’autore eminentemente territoriale e agricola, coltissima, che si ricrea nell’ecologia, nella natura e nella naturalità. La più grande ispirazione gastronomica conosciuta del paesaggio provenzale. La cucina regionale del 2008. Si, in piena decadenza delle cucine locali, ci troviamo di fronte a questa chiaroveggente e particolarissima reinvenzione. Provenza e molto di più che Provenza 2028.
Jean-Luc Rabanel detta il proprio messaggio senza nessuna concessione: due menu sorpresa e chiusi, di 7 e 13 piatti. Pertanto, il cliente deposita a priori tutta la propria fiducia nello chef. E dato che inoltre cambiano con frequenza, non è necessario scendere in particolari. Serva per incitare alla visita asseverare che la tempura di verdure, siano esse carote con cumino, o fiori di zucchine con cumino o sassefrica, con due salse Thaïe (di soia e agrodolce) è la più perfetta che si possa mangiare, e conserva integralmente la qualità delle verdure a cui la soave impanatura e gli aromi apportano un tocco di grazia. Il piatto di nome “Sable” (sabbia) offre una costruzione antologica ed esuberante: pasta profumata con mandorla amara che, come una pizza, ha un’infinità d’ingredienti: pomodoro, zucchina, barbabietola, cavolfiore, ravanelli, cipolla, olive, germogli, germi, cerfoglio, mandorle, nocciole, pistacchi,... e i filetti di una sardina leggermente marinati. Accompagnato, per maggior gloria, da un sorbetto di melanzana e sesamo. Il “Gazpacho”, squisito già di per sé, sprigiona a sua volta un mondo di sensazioni: una ciotola con la minestra fredda illustrata con cipolla candita, carne sminuzzata, cumino, un rametto di basilico, salsa di coriandolo e crostini. “Nomen” da passo a una sorprendente insalata di fagiolini e tonno marinato con zucchine, frutta secca, foglie e fiori di nasturzio, senape, gelatina de limone, erbe,... e un sorbetto di gazpacho con gelatina di acqua di pomodoro. “Coco” è il titolo di una formula con due spazi e due tempi: una crema di fagioli con tartufo d’estate da una parte e, dall’altra, un’insalata integrata da fegato di coniglio con fagiolini, cipolla, pane, pistacchi, sesamo, coriandolo e una vinaigrette balsamica. Ghiotto il “Salmone”: una scaloppa del pesce ricoperta da un’emulsione di patata, una foglia di bietola cinese, dei funghi giapponesi,... e latte di arachidi e sesamo. Il “Raviolo” suppone passeggiare e assaporare il bosco: funghi e brodo di funghi coronati da un’insalata di erbe e da qualche fiore con una scaglia di parmigiano-reggiano. E così si vanno succedendo momenti indimenticabili sino a giungere alle carni, sempre più convenzionali, come lo “Stinco”, in cui il vitello, succulento e gelatinoso, appare imbevuto dalle sue stesse essenze e giace in compagnia di motivi classici: patate, agli, cipolline dolci e funghi. E si termina con due o tre dessert, sempre vivi, sempre fruttati, sempre floreali, sempre aromatici,... che offrono sempre sensazioni coerenti con il sentimento dell’artista.