Perché Carlos García è il numero uno della frutta sciroppata in Spagna? Perché lavora come un maestro dell’alta cucina moderna. In primo luogo seleziona le migliori materia prime. In secondo luogo pensa che ogni prodotto deve sapere da quello che è e conservare la propria testura. E, in terzo luogo, è coerente nell’agire: cuoce il prodotto con prudenza per non lasciare che il meglio dell’ingrediente principale finisca nella salsa, e infine elabora la salsa stessa in funzione dell’elemento principale. In poche parole, le pere sono bellissime, si mangiano con gli occhi. Hanno una consistenza che permette di addentarle e di masticarne la polpa soda. Sapore nitido di pera vera, molto aromatico e nobilitato da uno sciroppo delizioso e complesso che trasmette una sensazione sottilmente agrodolce.

Per dirla con un’immagine, “spaghettini” elaborati esclusivamente con tuorlo d’uovo e dolcificati. Così potremmo definire questi classici filamenti cotti in un leggero ed azzeccato sciroppo, da impiegare in campi assai vari: dalla pasticceria alla salumeria attraverso formule salate. Colore arancio intenso, pienamente identificato con il tuorlo come pure il sapore, dalla gradevole testura. Ideale per tartine, a far contrasto con gli affumicati, i salati, gli insaccati, ecc. Davvero artigianale.

Riuscita. Risponde pienamente alle aspettative. Sa di frutti di mare (25% scampi, 15% astice, granchi del Cantabrico e gamberi) e di ortaggi, in un sapiente equilibrio. Non troppo forte né eccessivamente ristretta, com’è frequente. Non ha quindi toni astringenti né “sabbiosi”. Al contrario, risulta nobile, elegante e raffinata, e non si avverte altro che l’identità pura che ci si attende da una zuppa di frutti di mare.

Si può mangiare da sola dopo averla riscaldata leggermente per un paio di minuti. Si può valorizzare con vongole, gamberetti, coda di rospo, patata, fedelini. Se ne può fare un cacciucco, una minestra di fedelini e perfino un risotto brodoso o asciutto. Offre insomma una grande versatilità: un piatto completo o da arricchire, ma anche fondo per altre ricette.

È il prodotto di punta di un’azienda che si è sempre contraddistinta per la capacità di preservare la qualità della salumeria artigianale anche nel contesto di una produzione industriale. Il volume limitato di produzione, la cottura a bassa temperatura e la qualità della materia prima sono determinanti. Anche questa “testa di cinghiale”, come viene chiamato storicamente questo prodotto, fa la differenza in primo luogo per l’utilizzo del maiale iberico, ad incentivarne la saporosità, anzi che per la nobiltà delle parti selezionate, guanciale e lingua, che presentano piccole chiazze verdi di pistacchio, con una presenza magra e rosata, omogenea, assai attraente. Tutti gli ingredienti si ritrovano immacolati al palato, tersi, succosi e saporiti, impregnati di un lieve retrogusto speziato, pepato, che aromatizza e dà carattere senza che i tratti essenziali ne risultino alterati.

Si può mangiare come antipasto, a freddo, tagliata a fettine sottili; oppure al forno, scaldata a 80 gradi, tagliata in tocchi di un centimetro di spessore o anche un po’ di più, come uno stufato, servita con un contorno.