Vissani
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Uno dei cuochi più grandi che l’Italia abbia mai sfornato. Uno chef dall’impronta personalissima che ha universalizzato ed immortalato il proprio nome. Un comunicatore che popolarizza la gastronomia in televisione. Tutto questo e molto di più è Gianfranco Vissani.
Il suo ristorante è – davvero – uno sfoggio di lusso, in cui il cliente riceve molto più di quanto paga, e sì che non è esattamente un posto a buon mercato. Spazio, arredamento, servizio... un palazzo sovvenzionato dal proprietario che espone la propria opera con magnanimità. La cucina si contraddistingue in primo luogo per il suo classicismo militante. È consapevole del patrimonio storico e lo proietta con personalità: e Gianfranco, senz’ombra di dubbio, di personalità ne ha da vendere. In questo senso va detto della sua propensione ad un barocco assai meritorio, sintonizzi o meno con lo stile. Ogni formula è carica di elementi ed è frutto di un lungo lavoro. Si nota lo sforzo improbo e lo straordinario equilibrio fra i sapori. Sapori a priori intensi o anche opposti che si risolvono con chiara sottigliezza, perfino attenuati. Si nota, ancora, un buon gusto innato, una sapienza infinita; molto mestiere e un’abilità nella cottura, salvo eccezioni, proverbiale: riso, pasta, frutti di mare e pesce. In sintesi, molti piatti fanno fede del talento innato di un personaggio che si è fatto da solo, che esprime l’identità e il sentimento di tutto un paese.
Le acciughe in salagione con burro salato di Normandia montato un ette è uno stuzzichino che la dice lunga sul modo di selezionare i prodotti e di trarne il massimo profitto professionale. Un altro particolare magistrale, sempre in apertura, è il raffinato e succulento lampredotto con purè di zucca e gelato mantecato. Passando ai piatti forti, il nasello nero – croccante la pelle e rosata al punto giusto la carne – con zuppa di verza al rosmarino, purè di fagioli rossi, crosta di pane all’aglio, minuscole carotine, asparagi verdi, tazzina di consommè ai funghi crudi... è solo uno fra i mille esempi possibili della profusione di elementi e della generosità su cui poggia ogni singola costruzione. Gli spaghetti, al dente, quasi rigidi, con parmigiano-reggiano a piacere e pepe sono, paradossalmente, un’opera d’arte all’insegna della semplicità e dell’umiltà. I ravioli di farro con foie gras avvolti in una foglia di cavolo nero, in salsa di ricci di mare, diventano alla fine una mescolanza gustosa e un tantino pastosa in cui predomina l’insieme sulla purezza: facili e molto gourmand. Il risotto di carneroli con ostrica, striscioline di zucchina che lo coprono a croce, pepe e salsa di basilico regala una testura piuccheperfetta e un sapore di cereale azzeccatissimo: conserva l’identità e al tempo stesso si fa concentrato di succulenze. Un altro dei momenti clou è quello dell’astice saltato con salsa di vitello all’arancia, purè di melanzane all’origano fresco e un bisque con minuscoli saltimbocca. Gli amanti del folclore possono ordinare caneton alla pechinese con flan di zucca gialla all’amarone, gratinato di cipolla cotta con il sugo dell’anatra, ceci gratinati, biscottino di patata, misticanza... e Dio solo sa quant’altre cose, tutte in perfetta comunione con la santa tradizione.
In poche parole, un ristorante eccellente con un’arte culinaria convenzionale e virtuosa, che desta ammirazione.