Vintage 1997
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- Penne de farro con salmonetes al pesto, calabacín y albahaca
- Pequeños macarrones con tomate y albahaca
“Il Vintage 1997 è una sicurezza: non hai mai brutte sorprese” ha affermato Ferran Adrià che, quando passa da Torino, se non ha altri impegni viene a farsi coccolare in questo ristorante. Non gli si può dare torto: il locale di Umberto Chiodi Latini (in sala) e Pier Luigi Consonni (in cucina) in meno di dieci anni è diventato una solidissima istituzione cittadina. Professionisti, politici, gourmet e gourmand si avvicendano in questo “lussuoso” salone tappezzato di moiré rosso.
Punto di forza del Vintage 1997 è la materia prima che, negli anni, è stata selezionata con meticolosità dai due proprietari. La Gallina Bionda di Villanova, il salmone selvaggio in leggera affumicatura, il salame di Varzi e di Felino, il prosciutto di Langhirano, le cipolle di Tropea, le lenticchie di Castelluccio, il culatello di Zibello, i gamberi di Sanremo, i superbi tagli di carne Fassone, i favolosi formaggi: Gorgonzola Paltrinieri, Nostrale dell'Elva, Bettelmatt Alpe Forno, Gruyere ed Emmenthal affinati in grotta, Fontina d’alpeggio, Robiola di Murazzano… Tutto il meglio viene elaborato con religioso rispetto da Pier Luigi Consonni, che dà vita a una cucina d’impronta neoclassica ma attenta alle ultime tendenze (in menù trovate omaggi a Quique Dacosta ed a Martin Berasategui).
Per iniziare, Umberto, erudito e appassionato padrone di casa, ci propone una serie di assaggi di prodotti nudi e crudi: un superbo Parmigiano delle Vacche Rosse d’annata, qualche suadente fetta di Lardo di Cinta Senese e un sontuoso prosciutto di Mora Romagnola stagionato per 3 anni. Dopo un goloso assaggio di acciughe in salsa verde appoggiate su spesse fette di patate di Entracque con burro di montagna, passiamo ad un classico della casa: la pasta, che in questo locale si fa come in nessun altro della città, sia per la qualità intrinseca dei prodotti impiegati, che per il perfetto punto di cottura, che le dà sempre una consistenza impeccabile. Anche per la varietà dei condimenti, in cui predominano formule popolari emblematiche dell’Italia. È difficile superare le pennette al pomodoro e basilico, in cui il sugo, delicato, e il profumo esaltano nella giusta misura la pasta fresca (non all’uovo). Gli spaghetti all’olio extravergine d’oliva (Umberto è un vero esperto in materia e ha l’abitudine di offrire una degustazione delle principali etichette del paese) con fettine di fungo crudo rappresentano un’esimia esaltazione degli aromi primari. Le penne di farro della prestigiosissima ditta Latini con filetti di triglia, uno naturale e l’altro panato con pesto, più il succo dello stesso pesce, fave e lamine di zucchina costituiscono una delle proposte più sofisticate della casa, senza che per ciò l’ingrediente principale perda la propria prelibatezza e purezza. Su un piano più goloso, gli spaghetti impregnati di succo di pomodoro arricchito da nobili fettine di guancia di Cinta Senese leggermente riscaldate in compagnia di una julienne di cipolla rossa personificano un’opzione chiara e assai gratificante. Come complemento di alcune di queste ricette, che devono formare il nucleo centrale del festino, ne abbiamo altre due veramente memorabili: il risotto Carnaroli con luppolo, ortiche e zafferano, sul quale, all’ultimo momento, si dispone un carpaccio di foie gras e il capretto al forno... succulento!
Per godere come un matto, senza complicarsi la vita.