Pierre Gagnaire
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- Declinación de calamar
- Silla de cordero con nabos, rábanos, hojas varias y jugo de su cocción al roquefort
Pierre Gagnaire: una celebrità culinaria riconosciuta in tutto il mondo al cospetto della quale è d’uopo togliersi il cappello.
Egli resta ancor oggi fedele a ciò che è sempre stato, con i vantaggi e i limiti che comporta l’aver percorso un esaustivo periplo professionale non privo di complicazioni. Un tale bagaglio, l’esperienza, la maturità, ne hanno fatto un classico che si reinventa e reinventa la cucina in generale. Un classico con immaginazione da vendere ed un’esuberante originalità con cui crea forme e sapori inediti. Impressionano le sue costruzioni, trabocchevoli di elementi, sovraccariche a dir poco, che scaturiscono da un lavoro improbo, sovrumano. Ogni piatto è uno scrigno colmo di idee, che alla fine danno vita a due, tre o quattro ricette esposte insieme in uno stesso servizio. La complicatezza delle articolazioni supera ogni limite immaginabile. Tanta prodigalità di fattori in gioco condiziona in molti casi il primato dell’insieme sui componenti, della gustosità sulla particolarità. In definitiva, siamo di fronte ad una culinaria unica che ha creato uno stile intrasferibile, che gode nel proporre nuove combinazioni di sapori senza per questo alterare mai le strutture convenzionali. E se in passato ciò portava spesso a insolubili contrasti di sapori, ora tali contrasti appaiono più attenuati, lungi da generare qualsivoglia controversia.
La sua inesauribile capacità creatrice risulta evidente negli irrefrenabili cambiamenti del menù. Indipendentemente dalle proposte che vi si offrono, sarà meglio sempre andare sul menù degustazione o lasciar fare all’artista. Comunque assisteremo ad una sofisticatissima collezione di fuochi d’artificio pensata per sorprendere. È il caso degli asparagi di Perthuis con julienne di cipolline verdi alla paprika; carote arancia, gialla e rossa; lamelle di gruviera fuso; crema di mandorle con limone verde e sugo di granchi legato con cereale. O della melanzana ripiena di triglie, pomodoro e barbabietola con pasta sablé all’aglio; sugo di bouillabaisse al peperone rosso; tostino di beccaccia e sardina e un trito di cetriolo al vino amontillado. O della declinazione del calamaro in tre blocchi: uno naturale, uno tinto con clorofilla ed un terzo nero del suo inchiostro, con gnocchetti di pomodoro e asparagi verdi; cubetti di tonno e foie gras, molluschi estivi (cuori, cannolicchi e cozze) ed una pennellata di sugo di barbabietola. O come i centri di sella di agnello con rape, ravanelli, foglie varie e sugo di cottura al formaggio roquefort.
Interessante il piatto con diversi formaggi esposti in tre formule e colossale l’assortimento di dessert, con nove proposte fra cui un geniale bicchierino di limone e cetriolo.
Per il resto, eccelso il servizio, che conferma in sala lo sforzo smisurato e perfino eccessivo della cucina.