Sergio Herman es uno de los cocineros con más talento innato que hayamos conocido en las tres últimas décadas. Se le puede situar ahí, en la cúspide, codeándose en dones con los nombres que han hecho historia en estos años. Y en el camino directo y galopante que le lleva a la gloria, ya se sitúa entre los cinco grandes que a su edad, los treinta-treinta y cinco años, ofrecen la sabia nueva y más fresca de la coquinaria mundial: Quique Dacosta, Massimiliano Alarmo, Pascal Barbot, Grant Achatz y Andoni Luis Aduriz. Estamos, pues, ante una mente y una sensibilidad privilegiadas, que ofrecen gustos de última generación, que dictan un mensaje absolutamente diferenciado y, más aun, sin ninguna referencia. Un autodidacta que trasmite inmaculabilidad, en fórmulas ligeras, radiantes de belleza y exuberantes de imaginación; siempre asombrosas. Los sabores, por excitantes que parezcan, se nos antojan elegantes y armónico, tienden a un complejidad sin confrontación. No hay ruptura en ellos, sí en la expresión vanguardista. Esa manera rompedora, con un trasfondo asombrosamente creativo, con tantas y tantas virtudes, entre las que hemos de destacar el proverbial buen gusto del chef, tiene que alcanzar un último reto: evitare una certa tendenza al manierismo ed alla denaturalizzazione di alcuni manicaretti sommi (ostriche, cannolicchi, scampi, ecc.) che in molti casi vengono serviti tritati. Se sarà capace di concretizzare e di dare maggior nitidezza al messaggio, il sia pur lusinghierissimo punteggio che merita già oggi potrà aumentare vieppiù in futuro. Tutto sembra indicare che così sarà, visti i progressi che sciorina anno dopo anno: arte, applicazione e autocritica ne ha d’avanzo. Tempo al tempo. Un altro merito immenso: la carta cambia con grande frequenza, ed è probabile che i piatti di cui andiamo a parlare non ci siano già più alla prossima visita. Di sicuro, però, ci saranno gli ingredienti su cui poggia l’opera dello chef, che supportano di continuo le nuove costruzioni: jets d’houblon, ostriche, scampi, astice, rombo, piccione... Aldilà della veste concreta, di sicuro, originalità e perfezione da far stupore. Un primo sconcertante flash: pastiglia gelata di wasabi, sake e limone verde. Poi arrivano gli apripista: cialda di zucca con gelato al gorgonzola, sfera di foie gras e mela verde... cosmopolitismo avanguardista. Fra i piatti principali vi è un portento di barocchismo gastronomico: granchio su brioche con emulsione di ostriche (in palline azotate e gelatinizzata), caviale, crema di avocado, agrumi... il massimo. Un’altra genialità trabocchevole di tocchi originali: tartara di scampi alle erbe con yuzu e pastiglia di olio vergine d’oliva. Magnificenti, per pezzatura, freschezza e presentazione, le ostriche scottate appena nella loro acqua su clorofilla con crema di parmigiano. Maiestatico, per qualità, cottura e lavoro, il rombo con cappe sante marinate, indivie, zucca, mela e, fra l’altro, un’intrigante aria di burro noisette. Virtuosissimo il piccione laccato con tartufo, cavolo a cono, purè di senape rapa, sfera di patate... ancora una volta, grandiosa architettura culinaria. Si arriva così ai dessert, dello stesso, eccellentissimo livello. Pocos cocineros han despertado en nosotros tanto interés e tanta ammirazione. Habrá que seguir muy de cerca la obra futura de este artista.