Anna Claudia Grossi e Paolo Lopriore formano una coppia professionale idilliaca. Si meritano l’un l’altro. Lei, proprietaria assieme alla famiglia, si prende cura del palazzo (Hotel Certosa di Maggiano), un paradisiaco monastero del 1314 in piena campagna senese, convertito in un’oasi del saper vivere. Inoltre è sempre disponibile, disciplinata, ostinata... ha fede, una fede cieca nell’artista, che incoraggia e perfino spinge alla follia, alla culinaria più avanguardista d’Italia.
È proprio così che passa il suo tempo questo discepolo di Gualtiero Marchesi, immerso attualmente in una fase di intensa creatività. Facciamogli giustizia: Lopriore è uno dei pochi geni che abitano i fornelli di tutto il mondo. E diciamo “abitano” perché oltre ad immaginare l’inimmaginabile è un artigiano che coccola uno ad uno tutti i suoi piatti, che combinano fantasia e virtuosismo. Di sicuro il commensale non sa bene se certi piatti hanno natura umana o divina. È così innovativo il suo progetto, è tanto e tanto il suo ingegno, che le menti ed i palati più navigati in molti casi si sentono sperduti. Signore e signori, ecco a voi uno chef unico, capace di plasmare un nuovo concetto di gusto. Un artista di taglia universale, che dipinge un universo gastronomico sconosciuto e italianissimo.
Paolo ha un talento infinito che materializza in costruzioni minimaliste dai vivi contrasti, esposti in stupefacente armonia. Sapori puri, immacolati, spesso provocantemente in contrasto, che esprimono un’incredibile sensibilità, non solo di sapori ma anche cromatica, con disposizioni squisite quanto belle, oltreché personali. Composizioni destinate ai gourmet esperti che vanno pazzi per gli esperimenti. Hanno davvero tutto: tutto quanto può offrire un essere privilegiato che da tutte le parti sprizza buon gusto, formazione, capacità di lavoro, umiltà, audacia, fantasia... arte. Diciamolo ancora una volta, a scanso di equivoci: Paolo Lopriore è un GENIO, un GENIO che cerca sempre, assolutamente sempre, di farci scoprire sensazioni inedite.
Ci sono forse degli gnocchi di patate migliori di quelli che Paolo dispone illeggiadriti da limone e cumino tostato? Risolutamente, no (Vedi in Grandi Piatti). C’è un’insalata che esprima con tanta naturalezza il vegetale come le alghe, le erbe e le radici solo insaporite con wasabi e zenzero candito? Decisamente no. C’è un carpaccio così appetitoso, così equilibrato, così bello e così lucido come il monocromo di scampi, che appare impregnato (stupefacente!) di succo di carota e con note di lime, limone e cumino? Decisamente no. Ci sono dei maccheroni così netti, così essenziali e così futuristici come i cosiddetti “Fusilli, pepe nero e pecorino romano”? Decisamente no. C’è una migliore lettura storica della pasta di quella che offre nei “Lumaconi al forno”, in cui la pasta si combina magistralmente con pomodoro, mozzarella e parmigiano-reggiano stagionato? Decisamente no. C’è una sottigliezza di sapori temperamentali più grande di quella che esprime la royal di agli profumata con purè di pistacchi e ornata con cristalli dolci di anice? Decisamente no. C’è una lettura così audace e indovinata della trippa come quella che si fa abbinandola, nel suo stato più puro, con caviale, birra e crema di farina di ceci tostati? Categoricamente no.
Se tutto ciò è altisonante e vivissima storia dello stile di Loprione, le ultime incorporazioni alla carta confermano la grandezza dello chef. Come il caviale con noci tenere, scorza di limone (una costante, una definizione, una passione personalissima) e liquirizia (un'altra risorsa di Paolo), liquirizia in salsa e gelatina, ripetiamo: liquirizia in gelatina e salsa con scorza di limone, noci tenere e caviale. Quanti sono stati in grado di fare un quadruplo salto mortale con le uova di storione come protagoniste e uscirne trionfanti? Che coraggio! Si cimenta con l’impossibile. Passiamo ad un altro esempio. C’è una specie di crema spumosa e in movimento (e che movimento) di baccalà, che si ispira al baccalà mantecato. Si, si, proprio così: una schiumosa e ballonzolante crema di baccalà, che sale e scende, va a destra e a sinistra, che copre una brunoise di fagiolini, appena sbollentati, crudi, vivacemente stimolati con un infuso di rosmarino e delle pennellate di olio d’oliva. Un’altra posizione per il Kamasutra gastronomico. Ci sono le lumache giganti, carnose, selvatiche,... “al verde”: con gli eccitanti e inauditi contrappunti apportati da tè, foglie di sedano, julienne e spuma gelatinosa di mela e alghe disidratate. Chi offre di più? Ci sono i ravioli ripieni di un brodo liquido di cipolla su una salsa, anch’essa liquida, di mozzarella solo conditi con olio e origano. Viva l’essenzialità! C’è il cocktail di gamberi rossi, con fortissime note di scorza di limone, gelatina di Campari, schegge di cocomero e pinoli. Dolci, acidi e amari,… come si ricrea negli amari Paolo. C’è la chiaroveggente versione della bruschetta: pane casereccio integrale con pomodoro e purè di melanzana bruciata. Più umile, più primario, più autentico e più gratificante impossibile. C’è il rognone arrosto con fragoline, rabarbaro e tè alle rose; cerca sempre il pieno; non ci sono mezze misure. C’è il risotto, senza burro né formaggio, cotto in acqua e legato con farina di riso, impeccabile per punto di cottura, uniforme e al dente, con capperi, pinoli tostati e olio d’oliva; mai il riso ha avuto tanto sapore di riso e mai il risotto era stato meno grasso. Riso immacolato con magia. C’è il petto d’anatra con pinoli teneri, miele con aromi di pino, purè di alici in salamoia e genziana. Naturalismo e contrasto sempre dirompenti. C’è il porcellino, naturalmente di Paolo Parisi, dalla carne rosea e tenera e pelle gelatinosa, delizioso, solo accompagnato da cavolo nero in centrifugato e foglie. Gloriosa semplicità. C’è il petto di piccione, senza pelle e muscolosamente rosso, accompagnato da un “civet” fatto a parte in cui intervengono il sangue, un purè di ribes nero e delle gocce di armagnac, che rafforzano l’ingrediente principale e la salsa. E ci sono gli incredibili ravioli ripieni di moscato, rafforzati con capperi e profumati con origano di Serragghia, una proposta per la posterità in cui si mangia il vino allo stato puro.
Paolo Lopriore, ci ha rubato il cuore. Amiamo la sua cucina. Una culinaria caparbiamente impegnata a oltrepassare la creatività e la perfezione.