Mentalità
Cos’è cambiato nella cucina spagnola negli ultimi trent’anni? Qualcosa di così facile e così difficile, di così evidente e così indefinibile… un qualcosa davvero fondamentale: la sua volontà, il suo spirito. In definitiva il suo stesso essere. È passata – da un punto di vista professionale – da una pratica conservatrice ad un atteggiamento innovatore, sempre insoddisfatto, voglioso di superarsi costantemente. La cucina spagnola, oggi, è perfettamente consapevole del proprio status di arte e felicemente pronta ad assumere un tale impegno.
Fino al 1976 esistevano due stili culinari molto diversi fra loro ed anche molto distanti. Da una parte la cucina popolare regionale, coi suoi piatti legati ai prodotti ed agli usi locali: alimentazione fatta gastronomia. Era in se stessa la cultura della fame che assumeva forme più raffinate e si faceva eco dell’evoluzione economica e sociale del Paese. Dall’altra parte c’era la squisitezza elitaria, distinta, minoritaria, cosmopolita, universale dell’alta cucina francese, ereditata da Escoffier e destinata soltanto alla clientela chic di hotel e ristoranti esclusivi. Erano due mondi diversi.
Negli ultimi trent’anni in Spagna si sono registrati due momenti di capitale importanza. Il primo risale al 1976, quando venne fondato il gruppo della Nuova Cucina Basca per iniziativa di Juan Mari Arzak e Pedro Subijana, figure che hanno scritto a lettere d’oro il loro nome nel libro della Storia. Il loro merito fu quello di introdurre la rivoluzione francese della Nouvelle Cuisine adattandola a un ambito e ad una cultura che le erano estranei. Il loro lavoro e il movimento che ad essi si ispirò cambiarono sostanzialmente la culinaria spagnola. Dapprima fecero dell’alta cucina un valore riconosciuto, poi, col passare del tempo, una realtà di fatto, da cui scaturiva un importante potere mediatico. Seppero sgombrare da inibizioni di ogni tipo le menti di colleghi e clienti, le liberarono dai pregiudizi, andarono oltre il folklore e privilegiarono le coscienze e i palati dinamici. Insomma, fecero scuola; e insegnando ed incoraggiando i giovani fecero anche vivaio. Nobilitarono la professione fino a portarla al riconoscimento di cui oggi gode: una realtà che non ha bisogno di spiegazioni. Tante e tante cose hanno al loro attivo. In poche parole seppero rinnovare il modo di cucinare e di mangiare di un popolo e di una terra. Ma non contenti di ciò, come contributo ideologico proprio, riuscirono a superare l’antagonismo che fino ad allora esisteva fra la cucina colta e quella popolare, la francese e la basca, favorendo una simbiosi che si materializzava nel piatto. Sorse così l’alta cucina basca d’autore, che ha oltrepassato le frontiere, ha superato la diversità di origini e culture, ha portato la gastronomia della loro terra a un riconoscimento superiore.
Tutto questo ha avuto come conseguenza l’evoluzione e il consolidamento dei nuovi valori in tutta la Penisola Iberica. E in questa espansione – frutto delle influenze francesi e del movimento basco – sono sorte nuove figure (Hilario Arbelaitz, Martín Berasategui, Carme Ruscalleda, Santi Santamaria, Manolo de la Osa, Joan Roca, Andoni Luis Aduriz, Quique Dacosta, ecc.) che hanno svolto un ruolo importantissimo nella trasformazione della professione in Spagna. È da questo fecondo contesto che sorge il più grande cuoco della storia, Ferran Adrià, l’artefice della più grande rivoluzione di tutti i tempi, capace di lanciare un messaggio che va al di là della fantasia umana. Non sapremo mai cosa egli debba alla Nouvelle Cuisine o alla Nuova Cucina Basca: di sicuro è figlio di entrambe, ma è il responsabile della più geniale rivoluzione di tutti i tempi. Un idolo in cui si proiettano migliaia di aspirazioni diverse.
Di certo la realtà attuale dell’arte culinaria spagnola sarebbe inspiegabile senza questi attori, che ne costituiscono una parte determinante. Sono stati loro, tutti insieme, ad attirare l’attenzione degli osservatori internazionali, che assistono ad un cambiamento radicale nei concetti e fanno fede di una irrinunciabile vocazione artistica. Ciò che distingue la cucina della Spagna attuale è proprio la mentalità: le sue aspirazioni e la sua competitività costituiscono il suo capitale più prezioso.